Secondo il nuovo rapporto Unicef pubblicato nel 2023, nel mondo 640 milioni di bambine sono state date in moglie a uomini più anziani, ovvero 12 milioni di giovani ragazze all’anno.  

La percentuale di spose bambine è diminuita dal 21% al 19% rispetto alle ultime stime pubblicate cinque anni fa, tuttavia secondo l’analisi “Is an End to Child Marriage within Reach? Latest trends and future prospects 2023 update”, nonostante il costante declino dei matrimoni precoci nell’ultimo decennio, molteplici crisi, tra cui i conflitti, gli shock climatici e le conseguenze del COVID-19, minacciano di annullare i risultati faticosamente raggiunti.  

Le zone interessate maggiormente sono l’Africa Subsahariana, l’Asia meridionale e parte dell’America latina, in particolare le zone rurali molto povere e con bassi livelli d’istruzione. Del resto la prima causa del fenomeno è la povertà: molte famiglie numerose, costrette dalla condizione economica precaria, cedono le rispettive figlie a uomini molto più grandi di loro, in cambio di un compenso economico. A livello individuale, le bambine subiscono gravi violazioni al diritto alla salute, fisica e mentale, e conseguenze permanenti sul livello di istruzione e le prospettive di vita, che si ripercuotono poi sui loro figli.

I figli di mamme bambine, spesso mal nutrite, nascono prematuri e affrontano a loro volta malnutrizione e problemi sanitari nei primi anni di vita.

Gli artefici di questo dramma sono tutti coloro che accettano questa situazione. I matrimoni precoci rappresentano una violazione dei diritti umani, pertanto la loro cessazione è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. 

Adele Salvadore